domenica 14 gennaio 2018

Sintesi finale

Il percorso di ricerca presentato su questo blog ha avuto come obiettivo quello di eviscerare tutti gli aspetti delle pinne artificiali dal punto di vista sociale, tecnico, antropologico e dell'utilizzo. Si è cercato innanzitutto di dare una prima definizione di questo oggetto e si è stilata un'embrionale mappa concettuale, che potesse servire da ausilio all'approccio: si è scoperto così fin da subito come per pinna si intenda una serie di cose piuttosto diverse, soprattutto negli usi. Ogni ramo differente della pinna artificiale, però, si riconduce sempre ad essere funzionale alla fluidodinamica, che è la scienza alla base di questo strumento, di chi (o cosa) le monta. Prima di andare ad analizzare i tipi di pinne esistenti è stata tuttavia necessaria un'analisi linguistica del termine, e si sono cercate le traduzioni in 7 diverse lingue. Essendo un'invenzione abbastanza recente è stato interessante vedere come nei diversi idiomi il modo per indicare le pinne, specialmente per il nuoto è stato molto differente: in alcune lingue si fa direttamente riferimento ad un animale (argentino e portoghese), mentre in altre, come l'inglese, la storia è "più particolare".
Quello di pinna artificiale, dunque, è un concetto con tante ramificazioni, probabilmente più di quante ci si aspetterebbe, e ognuna di queste è stata approfondita in questo blog. La differenziazione tra tutte le varie tipologie di pinne è essenzialmente nell'uso e negli utilizzatori, e va dalle classiche pinne per il nuoto alle cosiddette pinne usate nelle automobili o imbarcazioni, dalle riproduzioni a scopo imitativo delle pinne animali alle protesi.

Il ramo forse più interessante, forse anche perché il più inaspettato, è stato quello protesico. L'applicazione tipica è, ovviamente, sugli animali che hanno perso, per incidenti o altro, una delle pinne naturali che dovrebbero utilizzare per nuotare e sopravvivere. I più famosi impianti di artificial fin a sostituzione degli originali sono stati su Yu, una tartaruga "operata" in Giappone, e sul delfino "americano" Winter. Su quest'ultimo poi è stato girato anche un famoso film. Si è però scoperto, con non poca sorpresa, che l'impianto di pinne artificiali è stato eseguito anche su esseri umani: è il caso di un bambino britannico che, dopo aver perso le gambe a causa di una malattia, è tornato a nuotare grazie a delle speciali protesi "pinnose".

Le pinne intese come pura riproduzione delle naturali ricopre una piccola parte di questo variegato mondo, ma era giusto citarle. Uno degli esempi tipici è come simbolo della presenza di uno squalo: ovvero la copia della pinna dorsale dei pescecani. Se la si vede in mezzo al mare, mentre si sta in spiaggia, ci si sta poco a chiedersi se sia vera o falsa.
Un'altra riproduzione molto comune, stavolta in senso puramente metaforico, è quella della coda della sirena: spesso una semplice monopinna basta per fare un costume di carnevale.

Esistono poi particolari pinne che hanno il compito di migliorare la fluidodinamica di mezzi come auto, moto, tavole da surf, aerei, imbarcazioni: funzionano da chiglie, da alette, per favorire un maggior controllo della traiettoria e del piano di deriva (e con questa parola sono etichettati i post inerenti a questo argomento). In particolare si è approfondito l'aspetto automobilistico, cercando di capire meglio come funzionano le pinne da squalo della Force India (una delle case di F1 ad averle applicata in maniera più particolare) e a scoprirne l'inventore: Adrian Newey. Inoltre, sempre riguardo a questo argomento, si è approfondito l'aspetto delle pinne per le tavole da surf, che devono essere accuratamente selezionate dai praticanti di questo sport, e che presentano una storia interessante.

Tuttavia il ramo più "massiccio" delle pinne artificiali, nonché forse il più noto, è quello relativo alle pinne da nuoto. A queste è stata dedicata la maggior parte della ricerca di questo blog, non solo perché è il primo ambito di sviluppo di una pinna artificiale, con una storia lunga e articolata, ma soprattutto perché chiunque può averne esperienza e utilizzarle. Infatti sono molti gli ambiti e gli ambienti di utilizzo di una pinna da nuoto, che, come si è visto, ha contribuito notevolmente allo sviluppo degli sport subacquei, facendo delle swimfins uno strumento veramente popolare: una popolarità segnata anche dalla sua comparsa nei fumetti. Tale massificazione di questo strumento ha portato poi come conseguenze alla creazione di molte aziende produttrici, e all'interrogarsi su quali fossero i rischi per gli utilizzatori.
Collegandosi alla storia dello sviluppo di questi oggetti, se ne sono ricercate le prime testimonianze scritte nella storia della letteratura, e sono state trovate in Leonardo da Vinci e in Giovanni Borelli (XVII secolo); inoltre sono stati analizzati quelli che vengono considerati i brevetti chiave. Da quelle prime e semplici ipotesi di progetto, basate essenzialmente su una volontà di imitare i piedi palmati degli anfibi, si è giunto, oggigiorno, ad uno sviluppo tecnologico che permette all'uomo di quasi competere con i pesci. Si sono trovati alcuni grafici che evidenziano come le nostre prestazioni natatorie aumentino notevolmente con l'utilizzo di pinne.
L'evoluzione tecnica, poi, che si è avuta negli anni ha permesso l'affermarsi di materiali e forme ormai quasi standard per le pinne da nuoto, così come per gli elementi costitutivi. A questo proposito si è andati ad analizzare le dimensioni e le caratteristiche delle pinne Apollo Bio Fin Pro.
L'evoluzione "sociale", invece, ha fatto sì che si creasse una vasta differenziazione anche tra le varie funzioni che le pinne per il nuoto devono assolvere, tanto da renderne necessaria una ulteriore classificazione, a seconda degli utilizzi specifici che se ne fanno.

In conclusione della ricerca, tornando dunque alla pinna artificiale intesa nel suo senso globale, si è stilato un abbecedario illustrato che possa sintetizzare ulteriormente, in 26 parole, questo concetto. Si è infine aggiunto un piccolo glossario trilingue con le parole che più direttamente si collegano al vasto e variegato mondo delle pinne.

sabato 13 gennaio 2018

Glossario trilingue

Fluidodinamica: Parte della meccanica relativa alla dinamica dei liquidi e dei gas, in genere assimilati a sistemi continui, a seconda dei casi, compressibili o incompressibili, viscosi o non viscosi. (Ingl.: fluid dynamics. Spa.: dinámica de fluidos)
Nuoto: L’atto, il fatto di nuotare; insieme di movimenti, naturali o riflessi o appresi con l’esercizio, che consentono a un uomo o a un animale di muoversi nell’acqua sia immerso in essa sia in superficie. (Ingl.: swimming. Spa.: natación)
Protesi: La sostituzione di un organo (o di una sua parte) o di un segmento corporeo con strutture artificiali che ne recuperino la funzionalità. (Ingl.: prosthesis. Spa.: prótesis)
Piede: Nell’anatomia dei vertebrati, l’ultimo segmento dell’arto posteriore dei tetrapodi. (Ingl.: foot. Spa.: pie)
Propulsione: L’azione con cui si fornisce a un corpo l’energia necessaria a provocarne e a mantenerne il moto. (Ingl.: propulsion. Spa.: propulsión)
Immersione: L’immergere o l’immergersi, l’essere immerso. (Ingl.: dive. Spa.: buceo)
Pala: Qualsiasi organo rigido a superficie più o meno estesa, che, immerso in un fluido in moto relativo rispetto ad esso, viene assoggettato, per la reazione del fluido sulla sua superficie, a una forza o a una coppia utile ai fini che si vogliono ottenere. (Ingl.: paddle. Spa.: paleta)
Scarpetta: Diminutivo di scarpa: Calzatura che riveste e protegge il piede. (Ingl.: booties. Spa.: zapatilla) 
Acqua: Composto chimico di formula H2O, diffuso in natura nei suoi tre stati d’aggregazione: solido, liquido e aeriforme; nel linguaggio corrente s’intende in genere l’acqua allo stato liquido, che per la sua abbondanza sulla superficie terrestre e negli organismi viventi fu dagli antichi considerata uno dei quattro elementi. (Ingl.: water. Spa.: agua)
Velocità: La rapidità di movimento di un corpo, tanto maggiore quanto maggiore è il cammino percorso in un dato tempo, valutabile quindi dal rapporto tra il cammino percorso e il tempo impiegato a percorrerlo. (Ingl.: speed. Spa.: velocidad)
Apnea: [dal gr. ἄπνοια «mancanza di respiro», comp. di ἀ- priv. e tema di πνέω «respirare»]. – Transitoria sospensione della respirazione polmonare, volontaria (nel canto, nel nuoto subacqueo, ecc.) o di natura patologica (per es., durante le crisi epilettiche). (Ingl.: apnea. Spa.: apnea)
Tavola (da surf): Piccola imbarcazione sportiva costituita da una tavola galleggiante con deriva (retrattile). (Ingl.: board. Spa.: tabla)

(Fonte definizioni: Treccani)

venerdì 12 gennaio 2018

Pinne: protesi umana


La domanda è: può un bambino, che ha perso le gambe a causa della meningite, tornare a nuotare? Grazie alla ricerca tecnologica, e a un po'di sana follia umana sì. E non era solo, con lui c'era Winter, che condivide lo stesso triste destino.

Chi usa le pinne

Per definire in maniera ottimale una sociologia delle pinne artificiali, e fare così una cernita delle persone che hanno più probabilità di imbattersi in questi strumenti, è necessario andare a discernere tra tutti i vari tipi di pinna artificiale e determinare, poi, una classe di utilizzatori per ciascuno.

La prima categoria da prendere in esame è sicuramente la più famosa e di utilizzo più popolare: la pinna per il nuoto. Gli utilizzatori tipici sono chiaramente i sub, sommozzatori, che dentro l'acqua svolgono le loro attività professionali o di svago e per farlo devono essere uniti di un brevetto. Inoltre
anche molti "inesperti", tramite lo snorkeling, possono usare meglio le pinne per esplorare in sicurezza le bellezze dei fondali marini.
Restando sulle pinne da nuoto, queste vengono usate anche dagli sportivi, specialmente nelle piscine. Non solo sono considerate dai nuotatori come strumenti di supporto all'allenamento, ma sono anche protagoniste di vere e proprie discipline sportive: il nuoto pinnato, che è uno sport a tutti gli effetti, anche dotato di gare proprie, caratterizzato da una maggiore velocità rispetto al nuoto tradizionale, proprio grazie alle pinne.
Sempre in piscina il nostro strumento viene ampliamente utilizzato da medici e pazienti come ausilio nei percorsi di riabilitazione, soprattutto per gli arti.

Altro utilizzo delle pinne è quello destinato alle tavole, come quelle da surf, windsurf, pagaia, paddle e altri. In questi casi vengono utilizzati per favorire una versatilità nell'uso delle suddette tavole tra le onde. I praticanti di questi sport (surfer, windurfer, ecc.) sono perciò degli utilizzatori delle pinne, anche perché, per ottenere buone prestazioni, devono porre molta attenzione nella scelta delle stesse.

Con un utilizzo simile a queste ultime ci sono anche delle pinne nelle carene di imbarcazioni, moto, aerei e scocche delle auto. In generale vengono messe delle alette in tutti i casi in cui le forze aereo (o idro) dinamiche giocano un ruolo importante, cioè quando le velocità in gioco sono alte, e quindi in gare automobilistiche, motociclistiche, per citare alcuni esempi. Lo scopo delle pinne è in particolare
quello di controllare i fenomeni di deriva e di evitare, o facilitare, le manovre di rollio, beccheggio, imbardata. A volte delle pinne vengono poste come riparo per zone sensibile del veicolo (vedasi immagine). Gli utilizzatori impliciti qui sono molteplici, e vanno dai piloti di auto, moto, aerei, agli skipper delle piccole barche a vela, fino ai timonieri delle grandi imbarcazioni.

Esistono anche pinne usate come protesi. Qui gli utilizzatori finali sono in prevalenza animali (come delfini o tartarughe), ma anche umani che hanno perso gli arti e vogliono tornare a nuotare.

Classificazione delle pinne da nuoto

Esistono vari tipi di pinne usate nell'ambito natatorio, e ognuna ha caratteristiche e impieghi diverse dall'altra. Quello che segue è un elenco di quelle più frequentemente usate:
  • Pinne da apnea: lunghe e a pala rigida, per sfruttare pinnate lente, dovute alla necessità di risparmiare aria
  • Pinne da ARA: sono le pinne utilizzate per effettuare immersioni con le bombole. Per questo, non essendoci necessità di risparmiare aria, le pinnate possono essere più veloci e frequenti, dunque sono a pala morbida e aperte e più larghe e corte rispetto a quelle da apnea
  • Pinne da snorkeling: siccome vengono utilizzate prevalentemente da inesperti sono costituite da pala e scarpetta (chiusa) unite, di durezza media e di forma simile alle pinne da ARA. Hanno una densità simile a quella dell'acqua.
  • Pinne da piscina: essendo usate come sostegno all'allenamento del nuotatore, e non come principale mezzo di propulsione, esse sono più corte rispetto alle altre.
  • Monopinne: sono costituite da una pala unica ed entrambi i piedi trovano posto nella stessa scapetta
(Fonte: Wikipedia)

I rischi delle pinne

Rottura della pala
Le pinne da nuoto sono generalmente costituite da due elementi: la pala e la scarpetta. Tra questi la parte più fragile è ovviamente la pala, in quanto è la responsabile di trasmettere le forze dal piede al fluido, per poter permettere il movimento e la spinta: in questo modo si può affermare come le sollecitazioni a cui è sottoposta la pala siano molto elevate (specialmente nel caso di "pala rigida"). Il rischio di rottura è quindi presente, e la tecnologia ha cercato di trovare dei rimedi. Uno dei sistemi (adottato sin da subito, già negli anni '50 con le prime Dunlop) consiste nel rinforzare la pala con delle corrugazioni o irrigidimenti longitudinali per migliorare le caratteristiche di resistenza della pinna, un po'come fossero una sorta di "centine".
Tuttavia il sistema più utilizzato (e in un certo senso più efficace) è stato quello di separare scarpetta e pala, in modo tale che, una volta rotta quest'ultima, non si deve fare altro che cambiare solo lei.

Rischi dei sub
L'ambiente sottomarino non è particolarmente adatto, usando un eufemismo, alle condizioni fisiche degli esseri umani, ma grazie a strumenti, come pinne o altri, l'uomo è riuscito a conquistare anche le profondità subacquee. Sommozzatori, sub, palombari o semplici snorkelers corrono però, più o meno consapevolmente, numerosi rischi nell'affrontare "gli abissi".
Alcuni di questi rischi (tratti da questo articolo dedicato di Wired Italia):
  • Narcosi da azoto
  • Embolia gassosa
  • Malattia da decompressione
  • Sovradistensione polmonare
Inoltre, nell'immaginario collettivo, resta sempre presente la paura di finire vittime di attacchi dovuti ai veri abitanti del mare, come ad esempio gli squali.
Resta comunque il fatto che il rischio di lesione per chi pratica attività subacquea è prossima allo 0,4%

Rischio stallo
Tornando a parlare di  pinne con accezioni di dispositivo utile per migliorare la fluidodinamica dei "mezzi di trasporto", non si può non citare quello che, in aeronautica, è considerato come il rischio maggiore: lo stallo. Se una pinna va in stallo la sua funzione va a cadere, anzi, diventa un danno per lo scafo o la carena su cui monta. Ad esempio è un rischio da evitare per le pinne da surf.

giovedì 11 gennaio 2018

Una metafora: la coda della sirena


La sirena è forse una delle più famose tra le creature leggendarie del mondo acquatico, e il suo elemento caratteristico è l'assenza delle gambe "umane", sostituite da una coda simile a quella di un pesce. Tuttavia, in quanto frequentatori di questo blog, non vi sarà di certo sfuggito che questa coda altro non è che una cosiddetta monopinna.
Ed è qui che si instaura il forte significato metaforico di questa singola pinna, usata magari come costume di carnevale (ben lontana dunque dal suo scopo originario) per trasformare, appunto simbolicamente, almeno per un giorno, una bambina in un'incantevole sirena.

Il ruolo delle pinne nella diffusione dello sport subacqueo



“Senza le attrezzature l’immersione sarebbe rimasta una attività professionale. Il palombaro od il sommozzatore con A.R.O. in assetto pesante, schiavi del camminare per spostarsi, non avrebbero attirato mai l’attenzione del mondo degli sportivi. Semplicità, minimo ingombro, costi modici e ciò che più conta la gioia di "volare" in acqua, ecco cosa offrono le attrezzature. Le pinne ad esempio hanno contribuito alla diffusione dello sport subacqueo non meno della maschera. Hanno trasformato il faticoso procedere della rana in immersione in un movimento facile, fluido, riposante. Senza di loro l’immersione perderebbe una parte notevolissima dell’attrazione che esercita sugli appassionati.”
Da Duilio Mercante, Scendete sott'acqua con me, (Milano : Ceschina, 1959).

La pinna di squalo della Force India


La pinna di squalo della Force India, casa automobilistica di Formula1, ha presentato per prima una interessante innovazione: una serie di mini flap sulla cresta per migliorare le prestazioni della vettura

mercoledì 10 gennaio 2018

Le più antiche testimonianze di pinne

Disegno di una pinna per mano fatto da Leonardo
La prima testimonianza di pinne si deve a Leonardo da Vinci, che le inserisce come attrezzatura al suo "uomo acquatico". Ispirate all'anatomia degli anfibi, più che a delle vere e proprie pine per piedi, Leonardo pensò a degli speciali guanti palmati, per favorire la nuotata.



Una descrizione scritta di una pinna viene invece dal "De motu animalium", scritto nel 1743 da Giovanni Borelli, che viene, tra le altre cose, considerato come opera fondante della biomeccanica. In particolare nel capitolo "De natatu" descrive una macchina che permetta all'uomo di muoversi e respirare sott'acqua e cita un innovativo modo di muoversi nelle profondità subacquee:
"non alla maniera dei gamberi ma col remigare delle palme delle mani e dei piedi" per poter e"nuotare nell’acqua alla maniera delle rane".

Pinne da surf: una guida alla scelta

Una delle parti più importanti della tavola da surf è costituita dalle pinne poste sulla parte a contatto con l'acqua. La scelta della pinna ideale da applicare alla tavola è un'operazione molto importante, delicata e difficile, poiché varia a seconda dell'utilizzo che si vuole fare, dell'abilità del surfista, del tipo di evoluzioni che si effettueranno.
La difficoltà è dovuta dal grande sviluppo che si è avuto nel corso degli anni, grazie ad uno sviluppo nei materiali, nelle caratteristiche, nelle performance e nell'hold della pinna.
Ma per fortuna esistono dei siti specializzati (come questo) che aiutano nel processo di scelta e danno un'utile classificazione di queste speciali pinne.

Nel sito proposto si possono trovare inoltre cenni sulla storia e il design di questi apparecchi.

Adrian Newey e la pinna posteriore


Adrian Newey


Come sappiamo possiamo parlare di pinne anche in ambito automobilistico, con accezione generale di pinne da deriva. Recentemente (nel corso del passato campionato di Formula1) sono state (re)introdotte le cosiddette pinne da squalo al posteriore. Questa innovazione si deve al geniale ingegnere Adrian Newey, considerato da molti come il "mago dell'aerodinamica", grazie soprattutto alle sue numerose vittorie in gare automobilistiche come costruttore.

lunedì 8 gennaio 2018

I brevetti chiave delle pinne

I disegni originali allegati al progetto di de Corlieu
Il primo brevetto inerente alle pinne fu depositato da Louis de Corlieu nel 1933 con il numero 767013. Questo contemplava due pinne per i piedi e due "a cucchiaio" per le mani e l'insieme portava il nome di "apparecchio propulsore per il nuoto ed il salvataggio" e prevedevano a loro volta lo sfruttamento del caucciù brevettato recentemente da Goodyear. (Il testo del brevetto si può trovare qui).
essi
Successivamente l'americano Owen Churchill acquisì il brevetto di de Corlieu e ne registrò uno suo e ne cambiò il nome in un più pratico swimfins.

Molti altri sono i brevetti registrati riguardanti le pinne da nuoto, i quali raccontano la storia e l'evoluzione di questo oggetto dallo sviluppo relativamente recente. Alcune di queste licenze sono dovute a privati, ma altri direttamente ad aziende leader nel settore, come Scubapro, Technisub, Cressi, quasi tutti dovuti ad inventori italiani.

(Molti altri brevetti possono essere trovati come collegati ai link proposti).

La storia delle pinne

[Quello che segue è un breve riassunto dell'articolo Storia delle pinne di Ocean for Future, al quale rimando per maggiori dettagli. Si ritiene comunque utile questa sorta di riscrittura poiché permette di evidenziare  meglio i protagonisti.]

Come molte delle cose innovative che hanno avuto un largo sviluppo nel XX secolo, anche le pinne vedono intrecciarsi la loro storia con quella delle guerre che hanno sconvolto il secolo scorso. La loro origine, tuttavia, viene da un passato ancora più remoto, e si lega, come molti altri oggetti, alla mente geniale che era Leonardo Da Vinci. Si deve a lui infatti il rimo disegno di un "uomo acquatico" dotato di respiratore, muta e pinne, ispirate, ovviamente, a quelle degli anfibi. È probabile, comunque, che, come molti altri progetti dell'inventore italiano, questo primordiale sistema di sommozzatore non sia mai stato messo in opera.

La prima testimonianza scritta di pinne viene dal "De motu animaluim" di Giovanni Alfonso Borelli (1679), in cui viene descritto un "apparecchio di immersione individuale", che constava anche di pinne ai pedi.

Altro importante protagonista della Storia delle pinne fu Benjamin Franklin, che, ispirandosi alle tavolette di legno che scorrevano sul fiume Charles e agli arti palmati degli anfibi, provò a costruire un sistema di pinne usando delle tavolozze di legno a mani e piedi per aumentare la superficie e la spinta.

L'idea fu però messa in pratica da Louis de Corlieu nel 1909, facendo uso anche delle nuove conoscenze su fluidodinamica e materiali. Egli si ispirò non solo all'idea di Franklin, ma anche e soprattutto all'esperienza dei pescatori della Polinesia Francese, che costruivano rudimentali pinne usando larghe foglie intrecciate. Nonostante però fu de Corlieu a depositare il primo brevetto inerente alle pinne nel 1933, l'invenzione di una prima attrezzatura subacquea si deve al militare Yves le Prieur nel 1926.

L'avventura di de Corlieu nel mondo delle pinne non fu però costellato di grandi successi: dopo aver sfruttato le nuove gomme proposte da Goodyear e aver proposto i suoi manufatti agli eserciti Francesi e Britannici, riuscì ad avere un po'di successo solo con un modello di monopinne, le Delfino.

La svolta avvenne nel 1939, anno in cui l'americano Owen Churchill acquisì il brevetto del francese, ne cambiò il nome in swimfin, e le propose all'esercito americano, che decise di adottarle per il neonato gruppo dell'Underwater Demolition. Ed è qui che la Storia delle Pinne si intreccia con quella della Seconda Guerra Mondiale: le nuove unità anfibie Statunitensi utilizzarono le pinne di Churchill per le opere di bonifica dalle mine subacquee tedesche, favorendo decisamente lo Sbarco in Normandia, con tutte le conseguenze che ne derivarono.

Va però detto che ad introdurre le pinne per prima in uso bellico fu la Regia Marina Militare Italiana. Il generale Eugenio Wolk, infatti, elaborò un tipo di alette per mani e piedi che vennero considerate come delle vere e proprie armi segrete. Inoltre tra questi militari vi era anche Luigi Ferraro che portò tutte queste innovazioni inerenti al campo bellico in quello civile, collaborando in particolare con la CressiSub nella creazione della prima pinna commerciale nel 1948. Ferraro analizzò ed espose uno schema di funzionamento di questi oggetti in "Mondo Subacqueo", numero unico di quella che viene considerata la prima rivista del settore sub.

A Ferraro si devono poi altri due modelli che hanno rivestito un ruolo fondamentale nella storia di questo oggetto. La prima, del 1952, è la Rondine che introduceva la scarpetta in gomma morbida per l'alloggiamento del piede: questa viene considerata come la prima pinna moderna.
Ma un altro grande modello fece la fama di Ferrero (tanto che Jacques-Yves Cousteau dirà di lui "the best fin designer in the world“) è la Caravelle, ed era la prima pinna a pala e scarpetta separate.

Dove puoi incontrare una pinna?

Imbattersi in una pinna (o meglio, in un paio di pinne) non dovrebbe risultare molto difficile, specialmente nei mesi estivi, nelle rive di mari, laghi e, perché no, anche fiumi. L'attività che più avvicina l'essere umano allo strumento pinna è infatti lo Snorkeling: questa parola deriva da "Snorkel" (boccaglio in inglese) ed indica l'attività ("aperta" a tutti) di osservare i fondali subacquei, con il semplice ausilio di una maschera, senza bisogno di allontanarsi troppo dalla sicura superficie dell'acqua. Insomma, sembra chiaro che qualunque superficie acquatica è buona per mettere maschera, boccaglio e, soprattutto, pinne (un sistema di propulsione passivo è sempre ben accetto quando si deve nuotare dietro ai pesci!), ma ci sono, ovviamente, luoghi migliori di altri per fare snorkeling. Forbes ha infatti stilato una classifica (ripresa poi dalla Gazzetta dello Sport) dei nove luoghi migliori al mondo per effettuare osservazioni dei fondali acquatici:
  • Bukanen National Marine Park, in Indonesia
  • Makaha Beach Park, nelle Hawaii
  • St. Jhon, nelle Isole Vergini Americane
  • Salt Cay, nelle isole Turks e Caicos
  • Culebra
  • Bimini
  • Grande Barriera Corallina Australiana
  • Manta Point, Beqa, Navini, nelle Fiji
  • Spring Holes, in Florida.
Ma se non volete spingervi fino a queste mete paradisiache per incontrare una pinna, sappiate che potrebbe essere facile trovarne anche in una semplice piscina. Molti infatti sono gli utilizzi a scopo di allenamento o riabilitativo delle fins.

Se questo non bastasse, comunque, si potrebbero citare anche i luoghi dove si possono trovare pinne idrodinamiche intese come alettoni e chiglie. Sappiamo che aerei e imbarcazioni ne fanno largo uso (quindi sì, in un certo senso potreste vedere una pinna anche alzando gli occhi al cielo), ma sarebbe veramente difficile citare dei luoghi in particolare.

Possiamo invece dire, a proposito dell'utilizzo automobilistico, che di pinne se ne trovano anche negli autodromi durante i Gran Premi. Infatti si fa grande uso di pinne per regolare imbardate e traiettorie, soprattutto a causa delle alte velocità.

Possiamo quindi concludere che, in fondo, di luoghi delle pinne ne esistono parecchi, tanti quanti gli utilizzi che se ne possono fare.

La scienza delle pinne: la fluidodinamica

Torniamo ora a parlare delle pinne intense come derive fluidodinamiche e aerodinamiche in autovetture, aerei e scafi. In particolare nell'articolo proposto si parla delle pinne stabilizzatrici  per le navi. Il funzionamento di questo particolare tipo di pinne non sfrutta altro che la teoria dei profili alari, tanto usata anche, ovviamente, nell'aerodinamica per i velivoli.

Ovviamente le ben più note pinne da nuoto o immersione, pur non avendo il tipico profilo alare (e quindi discostandosi dal modello fluidodinamico di quest'ultimo), funzionano sfruttando principi simili, solo che, in questo caso, l'interesse non è posto sulla portanza, ma sull'incremento passivo della cosiddetta spinta. Come recita infatti un passo del già citato articolo How fins affect the economy and efficiency of human swimming:
Come sottolineato da Abbott et al. (1995), quattro forze fondamentali agiscono su una barca (o un corpo) in acqua: sollevamento, peso, resistenza e Spinta. [...] Le pinne sono destinate a migliorare la frazione della forza (Spinta) che è utile per spingere il corpo in avanti. In altre parole, essi hanno lo scopo di migliorare l'efficienza propulsiva della locomozione acquatica.


domenica 7 gennaio 2018