lunedì 30 ottobre 2017

I materiali

Le pinne da nuoto devono trasmettere la forza del piede al fluidi e amplificarla. Chiaramente l'acqua opporrà una resistenza notevole, in quanto la superficie di manovra sta aumentando: per questo si tende ad andare verso materiali flessibili, elastici, leggeri e il più possibile resistenti a carichi trasversali e a fatica. Per questo particolarmente adatti sono i materiali polimerici (in particolare termoplastici o gomme) e i compositi in fibra di carbonio o vetroresina, i quali, però, risultano più costosi e meno comuni. Per aumentare la resistenza trasversale la pala, di per sé sottile e leggera, presenta delle nervature laterali, in una struttura che ricorda vagamente l'ala di un aeroplano con i suoi correnti.
Le prime pinne "di massa", introdotte dal 1933 da Yves le Prieur erano costituite con il caucciù naturale brevettato da Goodyear, lo stesso della nota marca di pneumatici per auto.

 Anche le pinne usate come protesi animali sono di materiale polimerico, possibilmente stampate ad hoc per poterle adattare meglio.

Elementi delle pinne

Le classiche pinne da natazione che tutti almeno una volta abbiamo usato sono costituite principalmente da due elementi: la scarpetta e la pala.

La scarpetta è la parte che "collega" la pinna all'utilizzatore, in quanto riveste il piede e ne permette l'indossabilità. Essa deve aderire perfettamente con il piede per impedire eventuali scivolamenti e la perdita dello strumento durante il nuoto. Inoltre presenta delle aperture per evitare la formazione di bolle d'aria. La scarpetta può essere sia aperta che chiusa; nel primo caso il tallone rimane scoperto, e quindi per collegarla al piede si deve introdurre un nuovo elemento: un cinghiolo.

La pala è la parte vera e propria della pinna, responsabile unica  dello spostamento amplificato dell'acqua che permette al nuotatore di aumentare le sue prestazioni. Essa può sia essere solidale alla scarpetta che fissata ad essa tramite viti. Quest'ultimo caso è preferibile nel caso in cui si voglia cambiare la pala in caso di rottura della stessa (è l'elemento più sottoposto a carichi e quindi più fragile).


Considerando invece le protesi, queste si compongono brevemente di una speciale giacca che si collega al dorso dell'animale, dove vengono innestate le pinne, che sono delle vere e proprie riproduzioni di quelle perdute. Spesso queste pinne artificiali si inseriscono negli eventuali monconi superstiti per poterne permettere, in linea teorica, un movimento simile a quello che si aveva precedentemente.

sabato 21 ottobre 2017

"La tartaruga dalle pinne artificiali"

Come già detto, la riproduzione artificiale delle pinne non è volta esclusivamente al più noto utilizzo umano come supporto alla natazione, ma anche alla produzione di protesi per animali marini mutilati.
Un esempio ci viene dal seguente articolo pubblicato sul sito di "National Geographic Italia" nel 2013 in cui la giornalista Carrie Arnold racconta l'impianto di pinne artificiali su una tartaruga che aveva perso quelle di cui era dotata naturalmente a seguito di uno scontro con uno squalo.

L'articolo, da cui è estratta la foto, si può ritrovare al link seguente: http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2013/02/22/news/null-1524896/

Mappa concettuale


La lingua delle pinne

Vediamo in che modo sono indicate le pinne artificiali in diverse lingue del mondo, dall'italiano al cinese.

ITALIANO: 
  • Pinna: questo è il termine più generale, che deriva direttamente dal glossario della zoologia.
  • Deriva: nelle costruzioni navali o aeronautiche piano longitudinale atto a diminuire la, appunto, deriva dovuta al vento e aumentare la stabilità del galleggiante.
  • Alette
INGLESE:
  • Swimfin: Per "fin" si intendono le alette mobili, come per esempio gli ipersostentatori o il timone di un aeroplano, in grado di generare reazioni aerodinamiche finalizzate a cambiare traiettoria. Questo termine ha una storia interessante: quando Yves le Prieur, francese, depositò il primo brevetto delle pinne, le chiamò con il non molto pratico nome di apparecchio propulsore per il nuoto ed il salvataggio; quando lo statunitense Owen Churchill ne acquisì il brevetto nel '39 decise di cambiare il nome in un più intuitivo swimfim 
  • Flipper
  • Paddle: letteralmente "pagaia", indica la pinna più comoda da usare per l'uomo, in quanto più flessibile e in grado di generare una buona spinta.
SPAGNOLO
  • Aleta
  • Patas (de rana): comune in Argentina
TEDESCO
  • Schwimmflosse: letteralmente "pinna per il nuoto"
PORTOGHESE
  • Pè de pato: letteralmente "piede d'anatra", ad indicare la somiglianza, in forma e funzione, delle pinne da nuoto con i piedi palmati delle anatre.
  • barbatanas
FRANCESE
  • palme de plongèe: in questo modo si indica la pinna per immersioni
CINESE
  • 蛙鞋: 蛙 indica un'anura, ovvero un tipo di rana, mentre 鞋 sta per "pattini", o più in generale "scarpa".

Pinne artificiali?

Per "pinna artificiale" si intende la riproduzione che l'uomo ha fatto negli anni, a partire da Benjamin Franklin, delle pinne naturali, e dei piedi palmati più in generale, che gli animali acquatici sfruttano per nuotare.
Queste pinne artificiali, come è ben noto, non vengono solo usate e prodotte come protesi per animali mutilati, ma vengono anche sfruttate dall'uomo per migliorare le nostre naturali performance natatorie. Insomma, la produzione delle pinne ha sicuramente prodotto un upgrade dell'umanità.
Inoltre si parla di "pinna" anche in accezione aerodinamica, in quanto possiamo trovare pinne sulla carrozzeria di automobili, o su idrovolanti e aeroplani.